
2015-03-06
Cinquant’anni di attività artistica e centinaia di quadri realizzati. La vita di Roberto Bertani non si può certo riassumere in poche righe, essendo tuttora, oltre che pittore, anche imprenditore. Si considera un creativo, un uomo che è riuscito a camminare con le sue gambe puntando dritto verso la meta, ponendosi continuamente obiettivi da raggiungere. Su Bertani si può dire che ha “l’arte nel sangue” essendosi accostato ad essa fin da giovane, a soli tredici anni. «Un giorno passai davanti alla vetrina di una drogheria in porta Borsari» racconta, «e rimasi colpito dalle scatole di colori e dalle tavolozze esposte». Da lì all’acquisto della prima tela con cavalletto il passaggio fu breve. Da autodidatta passò ben presto sotto il maestro Domenico Zangrandi con il quale studiò dal 1964 al 1969 imparando le tecniche della pittura a olio, della punta secca e dell’acqua forte. Poi, a sedici anni, entrò nel Circolo Artistico Nardi nel quale, a diciotto anni, allestì la sua prima personale. Da Verona si spostò in Sardegna per svolgere servizio di leva militare (ma anche qui riuscì a trovare tempo per dipingere negli alloggi degli ufficiali) e poi fu trasferito a Roma dove frequentò il liceo artistico. Ritornato nella sua città natale continuò a dedicarsi alla pittura finché non ci fu la svolta con l’apertura dell’azienda di arti grafiche con cui trovò anche il modo di pubblicizzare le sue opere e di crearne di nuove. Bertani divenne così imprenditore di sé stesso, un «uomo libero», come ama definirsi, senza nessuno che gli imponesse soggetto e stile pittorico. Lo abbiamo incontrato nella sua azienda (dove ha anche lo studio) a San Martino Buon Albergo. Nelle ampie stanze, e lungo le pareti della scala di collegamento tra i due piani, decine e decine di quadri a testimoniare il suo lungo cammino di ricerca tematica. Perché la sua arte è proprio questa: ricerca continua, costante, di emozioni, sentimenti, attraverso l’elaborazione di soggetti, ma senza la serialità che potrebbe contraddistinguerla. Lui stesso dichiara: «devo trovare emozioni per dipingere, sennò cosa dipingo a fare». E lo fa attraverso pennellate fluide, sinuose, che danno il senso del movimento e del moto interno dell’anima. A prevalere sono i paesaggi anche se non mancano figure umane dai contorni marcati, ma dalla generica identificazione. Ciò che importa è il messaggio che l’opera deve trasmettere, non la resa perfetta dei particolari. E lo si nota soprattutto nei lavori degli ultimi anni in cui è forte l’influenza della grafica computerizzata. In essi è evidente l’amore del pittore per le opere liriche e la sua città, anche mediante l’inserimento dell’uva nelle varie declinazioni. Bertani è rimasto fedele alla tradizionale pittura a olio che utilizza lavorando nei suoi tre studi: in azienda, a casa, oppure in montagna, in Lessinia, lontano dalla caotica vita cittadina. È soprattutto qui che realizza la maggior parte dei suoi quadri elaborati precedentemente laddove i suoi occhi «guardano cose che gli altri non vedono». Proprio questo amore per l’arte figurativa lo tiene lontano dalla componente astratta (sebbene il passo sia breve) perché, secondo lui, «l’arte deve ritornare a essere più comprensiva, più ricca di emozioni e con un suo percorso». Un piccolo significativo esempio veronese di come la creatività può fare impresa sul territorio e per la comunità.